Spartito colorato

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domenica 9 settembre 2018

Affermare l'individuo: tra libertà e isolamento


Una metafora del concetto di individuo potrebbe essere un organismo unicellulare con una membrana che separa l'organismo dall'esterno. Il confine potrebbe essere fisico, psicologico, immaginario o spirituale.
Attraverso la membrana noi vorremmo scegliere se possibile, il più possibile, quali qualità, opinioni, o influenze esterne possono entrare e quali no.
E' chiaro che questo è la base di un individuo poichè altrimenti subiremmo qualsiasi influenza esterna anche sgradita o al di fuori della nostra natura e cesseremmo di esistere in quanto noi stessi diventando qualcosa deciso da altri o da circostanze che non possiamo gestire.
In oltre vorremmo anche poter interagire verso l'esterno e portare qualcosa di nostro.
In un certo senso è vero anche che se volgiamo interagire attivamente verso l'esterno qualcosa deve pur entrare verso l'interno. Ma è anche vero che non possiamo decidere in modo assoluto cosa entra e cosa no. Se per esempio decidessimo di essere indifferenti in modo assoluto diciamo verso una persona che soffre, anche lontana, o con cui abbiamo poca affinità, questa chiusura netta potrebbe portare al collasso della struttura chiusa.
Dovremmo in realtà accettare influenze minuscole o infinitesimali, parlando di persone, come se fosse empatia, anche con persone o creature molto distanti da noi o che non ci piacciono o con cui non abbiamo affinità. 
Con questi presupposti di influenza reciproca, ma selettiva, l'individuo, può avere una base stabile per esistere. 
Può essere auspicabile a volte che un individuo abbia una certa forza e coesione interna in modo da esprimersi bene nel sua ambiente, da colonizzarlo o per diffondersi o per procedere in senso evolutivo. Ma anche questo non in senso assoluto o infinito poichè in tal caso un individuo troppo chiuso, rigido o aggressivo o infestante si disgregherebbe proprio per queste sue caratteristiche.
Se l'individuo sia eterno o no dipende. Di certo non può essere eterno da solo. Ma dovrebbe dipendere la sua individualità, o una sua continuazione, dopo la disgregazione delle sua struttura psichica o cosciente, da qualcos'altro. E si potrebbe ancora chiedere questo qualcos'altro da cosa dipende e quanto è lungo il suo arco di esistenza. E se questo qualcosa affermasse di essere eterno dovrebbe mostrare cosa significa.
Io vorrei e voglio essere libero di decidere della mia vita, del mio futuro, e di relazionarmi con le persone che mi stanno vicino, nel modo migliore possibile. Vorrei e voglio essere l'artefice della mia esistenza e dare una direzione intenzionalmente, con il pensiero, volontà, cuore e corpo. Non vorrei e non voglio subire passivamente gli eventi esterni senza avere un controllo o che avvengono in maniera accidentale.
Ma ho un reale controllo della mia vita o di quello che succede o mi sto illudendo mentre in realtà la mia facoltà di scelta è moltissimo limitata e non mi piace per niente ammetterlo?
Se volessi essere realmente l'artefice della mia esistenza cosa dovrei fare?
Fino a che punto possiamo decidere cosa facciamo e a cosa andiamo incontro? Possiamo avere qualche forma di previsione o di controllo, di influenza o di regia anche sull'ambiente circostante?






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