Spartito colorato

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venerdì 5 settembre 2014

Creature spirituali intermedie

Nella mia vita ho girato vari maestri spirituali. Alcuni hanno raggiunto livelli altissimi. Altri invece hanno praticato la povertà, la rinuncia e l'automortificazione. Pochi hanno conservato una normalità, un livello intermedio. E' difficile quando si crede veramente in qualcosa giudicarlo semplicemente "intermedio". Per lo più lo si elogierà, lo si adorerà. Preferisco quelle persone che evitano accostamenti assoluti. Pertanto non mi piace tanto l'antico testamento nè alcune vie del Cristianesimo. Cerco creature spirituali intermedie.




7 commenti:

  1. Tutti i giorni incontro persone che aggiungono qualcosa alla mia esperienza. Per me non esistono valori assoluti di spiritualità: ogni giudizio (a cominciare dal bene-male) è sempre e solo soggettivo. Anche la mia esperienza (l'accumulo di situazioni e relazioni più o meno casuali) è relativa, così come il commento che ho appena scritto..... Ciao

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  2. Non esistono valori assoluti ed è bene rendersi conto della soggettività e dei suoi limiti. Ma esistono persone più o meno consapevoli. In pratica dei maestri. I maestri non ci dicono che cosa fare o delle soluzioni impacchettate uguali per tutti. I maestri ci fanno riflettere e capire da noi.

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  3. Cosa intendi per "limiti della soggettività"?
    Anche le persone che incontro tutti i giorni mi fanno riflettere e questo può accadere indipendentemente dalla loro volontà o intenzione. Ci sono persone che più di altre stimolano la mia comprensione delle situazioni ma questa dipende molto dal mio livello di attenzione.
    Non credo esista una "verità oggettiva" da capire, per me ha più senso parlare di una "comprensione condivisa".  In ogni caso sono convinto che il livello della mia comprensione (soggettiva) cambia se rivolgo la mia attenzione contemporaneamente verso l'esterno e verso l'interno. Se sono anche consapevole della mia reazione ad uno stimolo proveniente da una relazione o da una percezione.
    Ciao

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    1. Beh i "limiti della soggettività" sono quelli che tutti possono sperimentare semplicemente. L'assenza di punti fermi, una sorta di caos. Forse la mancanza di giustizia. Se esista o no una "verità oggettiva" penso sia un tema aperto. Potrebbe non esistere ma è naturale cercarla. "Comprensione condivisa" e un bel termine. Ho scritto un altro articolo che potrebbe risponderti "la rivelazione è sempre relativa".
      Grazie ciao.

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  4. Non vedo quale sia il problema nella mancanza di punti fermi. Tutto è realmemte in continua trasformazione ed interrelazione. Coltivo il dubbio con assiduità e continuamente cerco di vivere situazioni ed esperienze che possano mettere in discussione le mie convinzioni, specialmente quelle più profonde e scontate o "naturali. Cerco di capire se mi corrispondano realmente o siano il frutto di condizionamenti culturali e di abitudini mentali acquisite ed accettate automaticamente. Nella diffusa ricerca di certezze e sicurezze, nell'identificarsi dell'io ordinario con posizioni generalmente accettate, ci vedo il rinunciare - più o meno consapevolmente - alla propria identità, autonomia e libertà. A quella che in certe tradizioni viene chiamata la propria essenza.
    Al concetto di caos non associo una valenza negativa. Non vedo argomenti accettabili nel sostenere che anche l'essere umano non è il prodotto casuale dell'evoluzione come ha detto Benedetto XXVI. Con una certa curiosità, osservo mentre inesorabilmente il caos imprevedibilmente mi circonda e mi trascina insieme a tutti coloro che si illudono di trovare un ordine, una verità oggettiva. Credo che, quando J. Krishnamurti dice che "la Verità sia una terra senza sentieri e che non si possa raggiungere attraverso nessuna via, nessuna religione, nessuna scuola", intenda anche dire che la Verità assoluta non abbia senso nella realtà dei fatti e che rimanga solo il frutto idealizzato della nostra immaginazione. Un concetto che andava bene per Platone e per quelle scuole di pensiero dell'occidente che lo hanno preso come riferimento.
    Se poi  parliamo di giustizia umana, nel senso giuridico, l'idea di Verità crolla. Basta considerare il processo: il momento centrale della procedura giudicante. Nessun giudice o giuria può affermare di potere decidere con assoluta certezza in base ad una verità assoluta. Più pragmaticamente vengono ascoltate delle verità o versioni soggettive riportate dalle controparti, dopodiché si giudica - valutando soggettivamente la congruenza delle versioni - sulla base di interpretazioni (a volte anche soggettive) di leggi socialmente condivise. Ma anche queste sono elaborare sulla base di comportamenti comunemente accettati dalla maggioranza ma che possono e vengono comunemente cambiate nel tempo con l'evoluzione dei costumi o abitudini sociali.
    Grazie a te per la possibilità di esprimermi e pertanto di potermi chiarie le idee. Ciao.

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  5. Grazie della risposta interessante e ben argomentata. Io credo di essere in sostanziale accordo con te quando dici di mettere in discussione i punti fermi e di coltivare il dubbio. Questo mettendo in discussione anche cose largamente accettate o che appaiono ovvie. L'importante è di non estremizzare o di non assolutizzare. Non bisogna cercare una verità oggettiva che possa essere racchiusa in forma verbale. Essa sarebbe ancora una verità relativa. Bisogna orientarci verso qualcosa di dinamico, mobile, vivente. Perché ancora stiamo cercando giusto? Altrimenti cadremmo nell'opposto di sostenere che è tutto relativo e ne faremmo un'altra verità assoluta. Bisogna cercare. Che si creda o meno ad una creazione divina fa poca differenza per me. Sono due posizioni senza consapevolezza. Bisognerebbe arrivare al punto di essere partecipi di questa intelligenza divina.
    Riguardo alle leggi dello stato bisogna accordarci su delle regole comuni e stabilire un apparato giudicante. Qualche punto fermo lo abbiamo. Perlomeno che esisto io che esiste l'altro e che possiamo comunicare.
    Ancora una volta ribadisco che non bisogna dare valore assoluto a cose che sono relative. Quindi non sto dicendo che la legge umana sia assoluta ne che qualche legge divina lo sia.

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  6. Quando parlo o scrivo mi accorgo che l'attività che prevale in me è quella del pensiero logico-cognitivo. Per mezzo del pensiero, cioè tramite l'idea astratta, cerco delle espressioni comprensibili, delle corrispondenze comuni, qualcosa di condivisibile che esprimo attraverso la parola, il "logos" (da cui credo derivi la parola logico……..). Quando comunico verbalmente o per iscritto una qualsiasi esperienza, uno stato d'animo o  dei concetti tutto diventa meno soggettivo, si spersonalizza. Tutto diventa meno intimo, meno diretto e, per quanto mi riguarda, meno completo e quindi anche meno reale. Se va bene riesco a comunicare delle idee astratte. È molto più raro riuscire a comunicare delle sensazioni o dei sentimenti. Il mio interlocutore rimane ad una certa distanza dalla realtà e dall'emozione che vivo internamente a meno che non abbia già vissuto quel tipo si esperienza e la riviva in quel momento. Nello stesso tempo la comunicazione mi consente di relazionarmi ed anche di comprendere dei punti di vista diversi dal mio. Mi da la possibilità di potere vedere meglio le mie caratteristiche per tentare di adattarle meglio alle situazioni che cambiano continuamente. Consideriamo, ad esempio, la parola albero, qualcosa di concreto. Sicuramente io gli associo anche dei significati diversi dai tuoi perché la mia esperienza degli alberi è stata diversa dalla tua. Questi significati poi cambieranno ancora al variare della mia e della tua esperienza. Nello stesso tempo però condividiamo anche delle qualità, idee, concetti o caratteristiche che attribuiamo all'albero: queste sono semplicemente l'insieme comune delle nostre esperienze relative all'albero. Spesso sono solo delle astrazioni che abbiamo appreso da qualcuno è che condividiamo: delle idee comuni che si basano su esperienze che non abbiamo vissuto personalmente. Questo insieme condiviso è ciò che chiamiamo "oggettivo" ed è meno ampio e dinamico di quello soggettivo e quindi anche meno vivo e "vero". Paradossalmente per "generalizzare", cioè condividere le nostre esperienze, spesso ne sacrifichiamo degli aspetti non marginali. Lo stesso meccanismo vale anche per dei concetti più astratti tipo libertà, felicità ecc...
    Il vantaggio competitivo di noi umani, che - oggi direi purtroppo -  ci consente di dominare e manipolare il pianeta, non è certamente la nostra forza muscolare ma è sopratutto la nostra capacità di comunicare e condividere. Riusciamo così a mettere in comune le nostre esperienze e le nostre caratteristiche individuali che, assumendo una dimensione sociale, si adattano ad un più ampio numero di situazioni, anche quelle più critiche. Questa nostra caratteristica è il motore principale di ciò che chiamiamo progresso di cui, quello  scientifico-tecnologico è solo una conseguenza ed una tappa di un processo in accelerazione..
    Così come la comunicazione ogni cosa ha le sue caratteristiche che al variare della situazione e del diverso punto di vista assumono aspetti più o meno favorevoli. Per questo per me non ha senso esprimere dei giudizi di valore. Tanto meno di valore assoluto.
    Condivido con te il riconoscimento dell'altro come base su cui fondare l'apparato giudicante. Un concetto che è alla base - cioè condiviso - di ogni etica umana, laica o religiosa. Comunque non credo che il soggettivo, il relativo e l'oggettivo, l'assoluto si escludano a vicenda. Essi  convivono normalmente nella realtà dei fatti. Preferisco però sostituire gli ultimi due termini, per me semanticamente senza significato, con la parola "condiviso". Sostituirei anche il termine "limiti" col la parola "caratteristiche". Ciao

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